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13 gennaio 1953: il complotto dei medici e la paranoia antisemita di Stalin

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Il Complotto dei Medici fu un caso giudiziario montato ad arte a carico di medici ebrei dell’Urss, accusati di aver attentato alla vita di diversi leader sovietici. I primi arresti avvengono nell’ottobre del 1952, ma la vicenda balza all’attenzione del mondo il 13 gennaio del 1953, quando ne parlò in prima pagina la Pravda. L’affaire si chiuse bruscamente con l’agonia e la morte di Stalin nei primi giorni del marzo 1953.

A innescare la caccia alle streghe è una lettera inviata dalla dottoressa Lidja Timašuk. Questa cardiologa dell’Ospedale del Cremlino aveva appena visitato Andrej Ždanov, vittima di un malore mentre era in vacanza. La diagnosi della Timašuk era opposta a quella di altri specialisti che avevano visitato il custode dell’ortodossia culturale, che morì pochi giorni dopo. La cosa rimase sostanzialmente segreta fino all’ottobre 1952 quando Stalin ordinò l’arresto di molte personalità mediche eminenti. Tra queste, diversi specialisti operanti al Cremlino, compreso il direttore dell’Ospedale del Cremlino, Egorov, e il proprio medico curante, Vinogradov. Solo a questo punto, la lettera della Timašuk divenne una prova a carico dei medici, colpevoli di aver attentato alla salute delle alte cariche dello stato.

E Stalin furioso urlò: incatenatelo

La situazione è precipitata per la specifica paranoia di Stalin. Quando Lavrenti Beria, che supervisionava le sue cure mediche di Stalin gli riferi che il professor Vinogradov gli aveva prescritto una completa cessazione delle attività. Stalin interpretò tale prescrizione, pienamente confermata poi dalla sua morte come un tentativo di isolarlo dalla attività politica. Ciò che per altro aveva fatto Stalin stesso con Lenin. Ebbe perciò un indescrivibile attacco d’ ira e si mise a gridare: incatenatelo, incatenatelo. Così nel novembre del 1952 furono arrestati i professori Vinogradov, Vovsi, Kogan, Yegorov, Feldman, Grinstein, Etinger ed altri. A metà gennaio la stessa sorte toccò alle loro mogli

Tutti i complotti portano a Sion

La presunta organizzazione del complotto coinvolgeva moltissime persone di origine ebraica. Si inquadra pertanto nella volontà di Stalin di ravvivare l’antisemitismo nel paese Con il proseguire della campagna di stampa, si cominciarono a confondere tutti i complotti di supposta origine ebraica. Questi furono mischiati a vicende di spionaggio con protagonisti i paesi occidentali.

Le false confessioni che dovevano servire a coinvolgere altri medici furono estorte con la tortura. Fornivano la prova della presenza di un complotto organizzato per “assassinare dirigenti del partito, dello stato e dell’esercito, attraverso metodi di cura notoriamente errati”.  Scopo secondario della campagna era di mettere sotto accusa l’apparato di sicurezza nazionale. Bersagli principali L.P. Berija e V.S. Abakumov, accusando gli organi di sicurezza di scarsa vigilanza.

Nel paese monta l’odio antiebraico

Le prime notizie dell’arresto dei medici e i dettagli del “complotto” comparvero sulla Pravda del 13 gennaio 1953 in un articolo dal titolo “Sotto la maschera dei professori-dottori: Spie e assassini infami”. L’articolo non era firmato, ma esistono forti sospetti che alla sua redazione partecipò Stalin in prima persona. La settimana successiva, la dottoressa Timašuk venne insignita dell’Ordine di Lenin, mentre proseguiva la campagna di stampa, e nel paese si faceva strada l’ostilità della popolazione nei confronti dei medici di origine ebraica. Altri articoli successivi, come quello del 31 gennaio 1953, collegavano i presunti delitti dei medici ebrei in Russia ad altre operazioni per colpire rappresentanti dei governi comunisti, come il processo simile svoltosi a Praga. La stampa faceva anche circolare sospetti di collegamenti con servizi segreti occidentali, in particolare britannici.

L’ultimo articolo nella stampa ufficiale, che menziona il complotto dei medici ed il collegamento a vicende di spionaggio internazionale, comparve il 1 marzo 1953. Nel frattempo era cominciata l’agonia di Stalin, che sarebbe poi morto il 5 marzo, e i responsabili del partito avevano dato indicazione di cessare la campagna antisemita, anche se non si può escudere che lo stesso Stalin avesse preparato una sorta di marcia indietro o rallentamento della campagna stessa. 

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